Tra me e Geppo Tedeschi c'è Renato Serra

In una lettera inedita di Tedeschi

di Pierfranco Bruni (positanonews.it)

Un critico alla Renato Serra. Così mi scriveva Geppo Tedeschi in una sua annotazione – lettera, rimasta finora inedita, dopo aver recensito un suo libro in anni non più vicini. Ho avuto una frequentazione bella con Geppo attraverso tre personaggi che hanno caratterizzato la mia vita letteraria e anche umana. Francesco Grisi, Giuseppe Selvaggi ed Enzo Benedetto. Poi subito dopo Luigi Tallarico.

 Ho recensito molti suoi libri. Ho scritto tanto sulla sua poesia. Ho redatto capitoli in testi sulla poesia italiana del Novecento. Tedeschi va oltre il Futurismo stesso, perché nel suo linguaggio non c’è soltanto l’avanguardia ma la tradizione si inserisce in ciò che il Futurismo è stato.

 Bisogna dirlo con molta onestà. Grisi lo antologizzò nel tuo testo dedicato, appunto, al Futurismo, selvaggi me ne parlò spesso e fu proprio Selvaggi a farmelo conoscere in anni lunghi di una Roma che mi ha visto giovane e crescere tra intellettuali che ritroveremo nella storia culturale del Novecento.

 Non posso nascondere che quella sottolineatura di Geppo che legava me a Renato Serra mi ha messo molto in imbarazzo.  In una lettera risalente al 1991 (datata 1 ottobre 91) Tedeschi annotava: “Caro amico Bruni/critico letterario alla Renato Serra/suo pezzo critico, sulla poesia meridionale, mi piace/ tanto./Sì sì la poesia, meridionale, è nostalgia”. Poi continua… Firmato Geppo Tedeschi.

 Perché mi  ha emozionato e commosso questa sua visione sul mio fare critica in quegli anni? Geppo Tedeschi non era soltanto un futurista poeta o un poeta che ha attraversato il futurismo tra i futurismi di un mediterraneo che va dal Barocco al Novecento.

È stato un interprete storico della letteratura che ha letto la letteratura dei linguaggi attraverso la figura di Marinetti. Ovvero un poeta che ha scavato nei filtri del decadentismo recuperando il realismo alla metafora del futurismo stesso. E realismo era la geografia nelle quali erano incastonate le  parole, ovvero il linguaggio. Geografia era il suo vissuto in un viaggio tra la Calabria e Roma, ma questo viaggio significava cesellare un vocabolario e un immaginario dentro il quale si sono intrecciati i sistemi della lingua. Il futurismo come vera avanguardia.

 Ecco perché il suo richiamo a Renato Serra resta un riferimento centrale perché anche per Tedeschi la poesia è diventa un vero e proprio “esame di coscienza di un letterato”. In questa coscienza di un letterato ci sono i parametri di un rapporto tra poesia e linguaggio.

 Renato Serra per me è stato importante. Importante perché ho trovato nel suo  “esame” il critico che ha saputo contrapporsi all’inadeguatezza critica ed estetica di Benedetto Croce su una letteratura del Novecento vuva e vitale grazie alla centralità di poeti come Pascoli. Se non fosse stato per Serra Pascoli non sarebbe mai risorto.

 Eppure Serra lo spagina dall’acredine di Croce e lo restituisce al linguaggio del Novecento oltre i codici didascalici. Se non fosse stato per Serra non mi sarei ricreduto su Pascoli.

 È stato proprio Serra a dettarmi una chiave di lettura di un Pascoli considerato tutto decadente e non innovativo. E ha ragione Geppo Tedeschi a leggere nella mia “Critica” una ribellione alla Renato Serra ed io ho letto lo stesso Tedeschi servendomi della lezione della “coscienza di un letterato”.

 Il letterato non deve soltanto e semplicemente analizzare, interpretare, strutturare ma deve avere una coscienza. Chi è passato dal “rigore” di Serra ha fatto della letteratura una testimonianza di vita. Così tra me e Tedeschi.

 Ma tra me e Geppo Tedeschi c’è il senso non solo del rapporto tra il critico e il poeta, ma insiste la nostalgia della poesia.

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