Come è necessario in queste lunghe notti di Oppido Mamertina , notti dall’insostenibile peso sismico, dedicare una riflessione critica sull’iperbolico Geppo Tedeschi …
“Iperbolico”, lo definirei con tono asseverativo.
“Re della Sintesi”, lo incornò Marinetti con la sua fiammante proprietà del gesto e della forma .
Sopravvive ancora oggi Geppo Tedeschi: dopo vent’anni dalla Sua scomparsa, dopo quella sorta di damnatio memoriae che lo spinse ai margini letterari e umani.
Pertanto l' Associazione Culturale a lui dedicata - e che mi onoro di presiedere - potrebbe tentare di risarcire, in modo non del tutto trascurabile, un debito intellettuale nei suoi confronti: impegnarsi nella diffusione della sua opera ed estendere l’ambito della sua conoscenza critica.
Ma ciò soltanto non basta.
Ricordare l’usignolo d’Aspromonte con un Convegno di Studi, ci porta a ritenere che finalmente si può proporre un apporto conoscitivo su un intellettuale calabrese della diaspora che, nel 1941, fu presentato al Ministro Pavolini da Marinetti come massimo scrittore calabrese che ha al suo attivo volumi giudicati geniali.
Ci auguriamo che il proficuo contributo analitico degli illustri relatori – che ringrazio di cuore per aver accettato di collaborare con noi e , sotto diversi profili, per aver stimolato la curiosità del gentile pubblico intervenuto - sia il cenno iniziale per offrire il destro ad un ampio resoconto scientifico .
Il rapporto di consanguineità tra la mia famiglia e i Tedeschi , aggrovigliato da una serie di matrimoni tra cugini, mi permise di scoprire, sin da giovanissima, l’alta caratura intellettuale di Geppo ed il privilegiato affetto che lo legava ad Arturo, mio padre; anche lui vivace e fantasioso figlio della Belle Époque .
Scoprire che una figura così nitida nel panorama letterario italiano facesse parte della mia famiglia , suscitò in me, giovane studentessa, un timor reverentialis , una benevola soggezione che si rabbonì quando nei suoi versi decifrai il mio mondo: il vigore espressivo dei braccianti della mia terra, la sua cultura borghese dai tratti affini a quella rurale, ma che si allontana da essa per schemi di riferimento ed obiettivi diversi, l’ancoraggio filiale all’utero del suo Aspromonte.
Secondo un mio modesto espediente ermeneutico sull’opera del Nostro, la letteratura italiana ha conosciuto “tre” Geppo Tedeschi , tutti e tre combinati nell’ essenza di una “calabresità” primigenia : il primo, il meglio noto futurista sintetico, nemico a tutto fiato/ dei baluardi a muffa, /del passato[1]; il secondo, poeta lirico , nel senso stretto del termine, ed elegiaco ; il terzo, il magno greco bell’e fatto che, dopo una lunga sperimentazione poetica, tocca le corde dell’epigrafica incantata e depone il testamento nella bottega del marmista del suo paese:
“Non appena
sarò morto
scalpella
questa epigrafe:
POETA GEPPO TEDESCHI
LAVORO’ EGREGIAMENTE
A TUTTO MAGLIO
ALLA SANTA FUCINA FUTURISTA
VAMPE VAMPE VAMPE
Poi lestamente
solleva la mano.
SINTESI SINTESI SINTESI”
Il Geppo Tedeschi che si addormentò nella morte la notte dell’11 marzo 1993 , lo scorso 7 novembre avrà già ritrovato nel Sogno eterno la sorella scrittrice e poetessa Lydia recentemente scomparsa .
Geppo Tedeschi ci consegna le sostanze di un travaglio letterario ingente nelle sue articolazioni. La fisionomia nitida del grande intellettuale che fu si può da oggi licenziare in nome dell’ opportunità di essere celebrato e riletto con una chiave di lettura nuova e, sotto alcune prospettive, più legittima ed imparziale.
Nel salutare tutti gli intervenuti , auspico di ritrovarci al più presto dinnanzi alla casa paterna del Nostro poeta a Tresilico, a battezzare, finalmente, “Piazza Geppo Tedeschi”.
MARIA FRISINA