DA
«CANNE D’ORGANO»
I edizione 1951 (Gastaldi Editore – Milano)
Autunno
Ài il fascino soave,
delle fiabe,
dette, di sera,
su aristoso piano.
E più d’estate bionda
mi sei caro,
quando con l’uve,
dentro calmo sole,
fai rosseggiare
i piedi del villano.
Capra davanti al ruscello
E’ attenta al canto
che il ruscello
smaglia.
La desta
il fischio, acuto,
del pastore.
Rosso, d’occaso,
incendia la boscaglia.
Coroncina di maggio
Profumi, vaganti, di rose.
Mi assalgono, a branchi,
i ricordi.
E’ l’ora delle persiane
spalancate,
degli organi, rombanti,
tra le chiese.
Del vento polveroso,
come la strada maestra
del mio silente paese.
Aprigli le braccia, Signore
Scarnito,
come i margini
dei rivi,
a TE, per sempre,
torna il pellegrino.
Polvere, ancora,
à di maestre vie.
Ti porta i piedi scalzi
e l’abbaiare
dei cani, a sera,
dalle fattorie.
Rosso ad ovest
Ombra di mendicante
già si strema
sopra maestra via.
A sonagliera,
di cavallo stanco,
cede il suo canto antico
la cicala.
Dalla valle risale
La pastora,
con agnello sul dorso
e pigra miete,
con gli occhi,
l’oro vivo de l’estate.
Ceramica
E’ così piccolina
e sonnolenta
la tua terra,
patito contadino,
che, in un’ora,
la chiocciola l’argenta.
Ma è pur grande per te
che, come uccello,
t’accontenti di poco
e fai merenda
con una fava
o un chicco di pisello.
Settembre si è spento
Si franse,
come vetro di balcone,
l’ultima nota
di flauto.
Rondinella portò
querulo grido,
sul palpito, allargato,
dello stagno
e mite, il vento,
scoperchiò i ricordi.
Nella notte
Sui castelli di luce
ergea la luna.
Ed il viandante cantava,
frettoloso,
pei colli addormentati.
Una chioma di larice ,
stormendo,
lo urtò, con l’ombra,
e gli zittì
la bocca.
Mezzogiorno di luglio
Sopra la strada bianca,
non ci sono che tre cose.
Un cane da pastore,
a orecchie tese,
un poveretto
e il correre, affannato,
di un innocuo ramarro
spaventato.
Si desta il paesaggio
Macchie di giorno
in cima all’orizzonte.
Si disfano,
in silenzio,
le vetrine di brina.
Si desta il paesaggio.
Due mucche, aggiogate,
filano bava.
Tra poco strada e polvere.
Sulla pianura spirato è il sole
Come colto da sismica magia
s’agitò, d’improvviso, il vento al piano.
coppia di bovi, bianca, all’aratura
calciò bizzarra e s’arruffò, aleggiando,
un denso branco d’oche
alla pastura.
«Spirato è il sole», biascicò un vegliardo,
dalla soglia
d’antico casolare,
e il capo, grave, gli tremò d’argento.
Pastello di Natale
Lucentezze sonanti
di cristallo
ebbe nera la notte,
tutto a un tratto.
In fretta butto il sonno
la campagna,
credendo che già fosse
giorno fatto.
« À già vagito»,
disse un pellegrino,
da strada torta,
e si piegò ad uncino.