DAL POEMA

 

«ALA

 

 Parole in libertà

 

 Lotta tra la sera e il gomitolo »

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DIBATTITO GRAVE DI AGHI ATTRITI.

 

Vengono vanno vengono vanno,

 

insistenti a portare alla riva l’ultima

 

maglia di atterraggio.

 

SENTIRE COLPIRE VEGLIARE

 

i loro pungenti sciacqui stillicidi  parlotto-

 

lii svagati in curva di poesia plasticacel-

 

lulare, a tutta pressione a tutta pressione,

 

contro il girotondo rumoroso

 

DI LUCEVITTORIA

 

Sssssssss …

 

S’è impennato il gomitolo,

 

nel suo giro di rotazione,

 

sbirciando la sera ostile dietro le sue

 

curve spalle.

 

LASCIARE LASCIARGLI LA DIFESA

 

Tramestio settario d’ombre

 

schiaffi buffi rabbuffi, incompostezze nuvo –

 

lari, stelle ombelichi ignudi sulla irrive-

 

rente carnalità di un bambinesco raggio

 

lunare,

 

salti, piroette, bestemmie, primi lampioni.

 

NON MI ARRENDO!

 

Con questo mio filo tentacolare, declamato,

 

declamante lavoro, ordine affetto muliebre,

 

tepore vampe, arcolai, pace familiare,

 

ricordi,vita

 

amore,

 

ti legherò alla soglia

 

SCURA INGANNANTE SERA D’APRILE.

 

ROMBO,rombi, assonnati dalle ore 21,

 

ipnotizzanti insetti minuti

 

inerpicati, inerpicatisi sul quadrante convesso

 

DELL’AUSTERO TEMPO,

 

PRECISO IMPIEGATO DI DIO.

 

Riacutizzazione di favole lucerne, remote

 

straremote, paesi lontani, filastrocche,

 

giardini divini,

 

ombre ombre ombre ombre, violetto digradante,

 

dilagante montano.

 

ORA DEBOLMENTE RESPIRO SOSPIRO

 

stanchezza di ALA,

 

cuoricino, battito lieve dormiveglie,

 

immagini sfocate, campi azzurri, indistinti,

 

sempre più indistinti.

 

Decollamento, ovattato, ad eliche spente.

 

DEL SONNO.

 

 

 

 

 

 

 

 

In tono di farnetico

 

 

 

Io vedo, io vedo.

 

Non so che cosa, mamma.

 

Fondo era il fiume da valicare.

 

Fondo era il fiume ed io mi ero smarrito

 

tra cespugli di spine e di brughiere.

 

Si trovava a pastura il mio cuore,

 

sulle montagne annose del tempo.

 

Ma io non lo udivo brucare.

 

Ma io non lo udivo brucare.

 

Come non udivo le mie parole arruffate

 

che a districarle non ci riuscivo.

 

M’erano di ghisa pesante,

 

pesante ghisa, aulente di fornace,

 

le palpebre, sipario degli occhi,

 

e tutto mi pareva novizio, anche l’anima

 

coi suoi misteri.

 

Io vedo io vedooo.

 

Io vedo che bisogna camminare

 

per essere nella luce.

 

Bisogna camminare, bisogna camminare!

 

Io vedo, io vedo    

 

e mi spavento di ombre.