DA
«EPIGRAFICHE»
Presentazione di Giuseppe Lipparini e di Edoard Vissers
I edizione 1951 (Gastaldi Editore- Milano)
Nuova edizione 1992 (Edizioni Bresciane)
Trenta brevi liriche e nemmeno trecento versi; ma Geppo Tedeschi, che è un ardito del pensiero e non ha paura dei confronti, saprebbe rispondermi che il carme dei «Sepolcri» ne comprende soltanto, duecentonovantacinque e non cessa, per questo di essere un capolavoro.
La poesia non si misura a peso. Se la scuola non fosse ormai disusata, direi che Geppo Tedeschi è uno scrittore essenzialmente dinamico. Dal fondo della sua Calabria, con di mezzo tutta la lunghezza dello stivale, egli si è proiettato, con gli scritti e con la persona, in ogni nostra Città. Mi ricordo una sua dizione di poesia al “CIRCOLO DELLA STAMPA” di Bologna, insieme con altri poeti; era il più piccolo ma anche il più ardito, e nel palcoscenico, nel declamare, aveva l’aspetto di un orante.
Futurista era, non tanto per ragioni teoriche quanto per l’impeto spontaneo della sua indole meridionale.
Gli piacevano le belle immagini ampie ed ariose, amava il paesaggio, “per la ricchezza dei colori e per quel senso riposante di lontananze spezzate”, e aspirava, soprattutto, alla rara virtù della concentrazione poetica.
Ma anche nel futurismo non gli riusciva di essere eccessivo e stravagante ; c’era sempre in lui, forse per una lontana parentela con gli Elleni della Magna Grecia, un senso della misura che gli faceva da freno.
Oggi che la ventata è passata, egli ci regala queste “Trenta Epigrafiche” che sono, infatti, una raccolta di epigrammi. Anche in questo genere, che egli cerca di rimettere in onore, si possono trovare i più lontani esempi nella antologia.
E sembra che, con una schietta semplicità egli voglia riscattare certi suoi passati trascorsi. E ora è il caso di fare citazioni, perché il lettore ha sotto gli occhi il libro.
La sua modernità appare dai versetti spezzati, che tuttavia non hanno nulla a che fare con quelli di certi ungarettiani, perché, se li ricomporrete, ne risulterà non già una prosetta incolore ma qualche bello endecasillabo :
“S’addormento - per sempre - sotto un olmo”; “Precipitato è a valle - col barroccio - , . mentre la luna - era ancora in boccio”; “nelle serate di malinconia”; “destò i giorni tardivi di gennaio”. E, come vedete, non c’è ombra di ermetismo.
Geppo Tedeschi, sii lodato!.
C’è per contro, una sensibilità squisita sotto apparenze volutamente labili, una castigatezza di forma e di pensiero che accarezza le immagini: il cantoniere che dipinse in bianco e nero i paracarri, il viandante che si addormentò per sempre sotto un olmo, il famiglio che amò il padrone come un cane fidato, l’ebanista nella sua bottega ombrosa come l’antro di una strega, il buttero col suo cappellaccio color fiero falciato …
Geppo Tedeschi ristora se stesso e noi in quest’aura di schietta semplicità ; che non è povertà, bensì desiderio ascetico di bellezza.
I lettori, insieme con me, vorranno essergli grati.
Giuseppe Lipparini
E’ dall’Italia che ci proviene il severo ma giusto aforisma : Traduttore, traditore.
Essendo stato per quasi quaranta anni traduttore ufficiale in un Dipartimento Governativo, di qualsiasi altro io sono più pratico per poter verificare l’esattezza del lapidario proverbio italiano.
Se si manifesta meno fondato, forse, là ove si tratta di testi legislativi, protocollari, scientifici o commerciali, avviene invece in misura più o meno aperta, è funzionalmente vero quando si tratta di un’opera letteraria.
In fatto di prosa (romanzo, racconto, novella, narrazione di un viaggio) la cosa presenta meno difficoltà che nella poesia.
Nulla di più pericoloso ed ingrato che il tradurre versi ! …
Che dire, poi, quando si tratta di tradurre poesie così sottili come le «Liriche epigrafiche» di Geppo Tedeschi!
Queste sono meravigliosi capolavori, di una concisione e nello stesso tempo di una precisione estrema. Saresti tentato, a prima vista, di paragonarli a fini cammei o a delicate miniature; ma queste piccole opere d’arte sono generalmente «leccate», assai leziose, assai raffinate … mentre invece queste piccole poesie del grande poeta calabrese sono rapidi croquis di una sconcertante sobrietà, sono schizzi formato francobollo, in cui ogni parola conta, nessuna è superflua, ma ove la più piccola sillaba costituisce un elemento essenziale e vitale dell’immagine evocata o del personaggio dipinto.
Per riuscire in questo tour - de – force l’autore italiano possiede, evidentemente, qualche grossa freccia al suo arco; una scelta più abbondante di parole usuali assai corte, più armoniose delle parole francesi corrispondenti; infine, la facoltà di sopprimere l’articolo di accorciare o di allungare il vocabolo secondo il bisogno della sfumatura o dell’impiego.
Per contro, il traduttore subisce il quadruplice «handicap» delle esigenze grammaticali, del bisogno frequente del relativo, dell’impossibilità di far concordare la rima là ove si presenta ed infine dell’assenza talvolta totale dell’equivalente idiomatico.
Per tutti questi motivi, considero che la prova di adattamento che il Poeta mi ha fatto l’onore di chiedermi, non ha altro oggetto che di permettere al lettore francese, poco familiarizzato del resto con la pronunzia italiana, di leggere ad alta voce la poesia originale, per assaporarne l’armonia, e di seguire, simultaneamente sulla stessa pagina, la successione delle parole onde conoscerne il significato e meglio interpretare il senso globale del soggetto trattato.
E’ in questo spirito che io mi sono sforzato di realizzare la trasposizione richiestami e mi scuso con l’autore e con i suoi legittimi ammiratori di non aver potuto fare meglio.
Edoard Vissers
Traduttore in francese delle liriche
Cantoniere stradale
A rose strade dispensò
il brecciame
Dipinse, in bianco e nero,
i paracarri.
Spaventò, con la roncola ,
i ramarri
a primavera.
Portò, sempre il berretto
con lucida visiera.
Le cantonnier voyer
Des routes roses, il réparait
les bréches.
Il peignait en blanc et noir
les bornes.
Il effrayait avec sa houe
les lezards
au printemps.
Il portrait toujours la casquette
à visière luisante.
Viandante
Predilesse
le strade gomitose.
L'ombra di siepe,
nei meriggi ardenti.
L'umile parlottare
coi pezzenti.
S'addormentò,
per sempre,
sotto un olmo,
d'una ignora campagna
provinciale,
inargentato
dalla luna al colmo.
Le chemineau
Il avait une prédilection
pur les route siueuses.
L’ombre des haies
pendant les ardeurs de midi.
Les humbles parlates
avec les mediants.
Il s’est endormi
pour toujours
sous un orme
en quelque campagne ignorée
de province,
nimbé d’ argent
par la lune à son apogée.
Ebanista
Era colui
Che intarsiò gli stalli,
d’ebano e bosso,
della cattedrale.
Tenea laggiù bottega,
ombrosa come l’antro
d’una strega.
L’ ébèniste
C’était lui
Qui installa les stalles
d’ ébène et de buis
de la cathédrale.
Il tenait, la - bas, une boutique
Sombre comme l’antre
D’une sorcière.
Buttero
Aveva il sonno vigile
Del gallo.
Marciò spesso
A cavallo.
Portava un cappellaccio,
color fieno falciato,
con una piuma
d’aquilotto a lato.
Le “buttero”
Il avait le sommeil vigilant
du coq.
Il trottait souvent
à cheval.
Il portait un grand chapeau
couleur foin coupé
avec une plume
d’aiglon au côté.
Suonatore di fisarmonica
Amò i solfeggi .
Le profonde note.
Nelle serate,
di malinconia,
suonò, a distesa,
in grembo a l’osteria,
spesso col sopraffilato,
per un nappo di vino affatturato.
Le joueur d’accordéon
Il amait les roulades.
Les notes graves.
Au long des soirées
de mélancolie
il jouait à l’écart
au fondi de l’ hôtellerie
souvent avec la régaladé
d’un gobelet
de vin ensorcelant.
Poeta Nuovissimo
Dedicò inni, ardenti,
a l'avvenire.
Pasturò strane immagini
a raggiera.
Usò appellare
il tramonto:
"Cardinale filosofo
in preghiera".
Le poète ultra-noveau (moderne)
Il dédiait des hymnes ardents
à l’avenir.
Il menait paitre d’etranges images
à la ronde.
Il avait coutume d’appeler
le soleil – couchant:
“Cardinal philosophe
en prière”.
Aratore
Era maestro
nel solcare i colli.
Adesso, lungi
da l’impervie vie
terrestri,
con le nuvole per mucche,
ara di cielo
immense praterie.
Le laboureur
Il était maitre
dans e labourage
des collines.
A prèsent,loin
des abruptes routes
terrestres,
Avec les nues pour foin,
il ratisse du ciel
les immenses prairies.
Scugnizzo
Fece Guerra
a lucertole e ramarri.
Tirò sassate,
sibilanti,
ai carri.
Sfogliò la pace
dei solinghi botri.
si nutrì di canzoni.
Spesso odorò
di nidi e d’aquiloni.
Le gamin de rue
Il faisait la guerre
aux lézards et reptiles.
il lançait
en sifflant
des pierres aux charrettes.
Il effeuillait¹ la paix
des buissons solitaires.
Il se nouvissait de chansons.
Il exhalait une odeur
de nids et d’ aiglons.
¹ troublait
Garzoncello di mugnaio
Gli si dava riposo
a giorno estinto.
Lo svegliavano, in fretta,
a mattutino.
Fu taciturno sempre.
Ebbe, a compagni,
la raganella
e il grillo del mulino.
Le garçon – meunier
On lui donnait son repos
la journée terminée.
On le réveillait prestement
de grand matin.
Il était taciturne toujours.
Il avait pour compagnons
le tic tac
et le grillon du Moulin.
Famiglio
Smetteva di lavorare
quando il globo del sole,
rosso rosso,
pareva cadergli addosso.
Fu sempre brontolone.
Come un fidato cane
amò il padrone.
Le serviteur
Il achevait de travailler
quand le globe du soleil
rouge rouge,
semblait lui tomber sur le dos.
Il était toujours un peu grognon.
Comme un chien fidèle
il amait son patron.
Vecchietta
Solenne, come nave
a l’ancoraggio,
lino, a mucchi,
filava, tutto il giorno,
per le fresche donzelle
del villaggio.
Salpò, verso la pace,
del Signore,
d’un’ alba algente,
nelle prime ore.
La petite vieille
Solennement comme un navire
à l’ancre,
son lin, par touffes,
elle filait le jour entire
puor les fraiches demoiselles
du village.
Elle appareilla vers la paix
du Seigneur
par une aube fraiche,
aux premières heures.
Fabbro
Destò i giorni tardivi,
di gennaio,
con martellate
garrule,
tranquille.
Li addormentò la sera,
pensieroso,
a suono di faville.
Le forgeron
Il réveillait les jours tardifs
avec son martellement
continuel
tranquille.
Il endormait le soir,
recueilli,
au crépitement des étincelles.
Solo
Cancellò solitudine
col sogno.
Pianse, sovente,
a flutti.
Brontolò contro tutti.
Seul
Il abolissait la soitude
par le rêve.
Il pleurait souvent
à flots.
Il grommilait
contre tout le monde
Idiota
Rideva strano,
a denti dirupati .
In tempo d’afa,
da cespugli in fiore,
parlava alle lucertole,
per ore.
Finì travolto,
in perigliosa sera,
da un calessino,
senza sonagliera.
L’idiot
Il riait étrangement
des toutes ses dents.
En temps de canicules
parmi les buissons en fleurs,
il parlait aux lézards,
pendant des heures.
Il finit renversé,
un dangereux soir
par un cabriolet
sans sonnaille.
Mercante
Precipitato è a valle,
col barroccio,
mentre la luna
era ancora in boccio.
Le marchand
Il est lancé vers la vallée
avec sa charrette,
alors que la lune
est encore en éclasion.