DA
«I CANTI CON L’ACCELLERATORE»
I edizione 1940 (G.Carabba Editore – Lanciano)
Non vi vogliamo più
Sarete mitragliati dal nostro disprezzo
dai fortini dell’avvenire
striscianti treni serpenti a sonagli
con sibilanti fischi da iungla
e fumo nero in testa,
strimpellato
musicalmente dal CAPOSTAZIONE,
zolfino rosso acceso sopra il tasto Macchina Morse.
Non vi vogliamo più
non vi vogliamo
patetiche tradotte giulebate
di soliti ricordi paesaggi
tesi ricordi paesaggi
tesi a filari lungo i finestrini,
pigiatura di volti, tanti volti,
fluidizzati dalla commozione.
Gli addii
Come ci pesano gli addii
- baveri alzati di malinconia
fazzoletti scozzesi a tutto vento,
sonorizzati dalla partenza –
sui vostri carrozzoni traballanti,
mazurche di ruote e stornelli di freni
sopra lunghi binari lumache
per tormentare più forte chi resta.
Mani protese verso l’orizzonte
e rimpianti, rimpianti
in grigioverde.
Adoriamo la partenza ultraveloce
brutale nemica de l’inerzia folle,
AVA PASSATA SENZA ALCUN RITRATTO.
Resteremo domani
resteremo d’anima sola
a capo di tutte le forze
aereoterrestrinavali.
Sto diventando apprendista del sole
Fiuto dell’alluminio
tra i muscoli del cuore
che sa di fusoliera.
Avverto
unghiate di fuoco
in cima al midollo spinale
ed odo rombi d’azzurro
nel cavo rosso
della femorale.
Butterò presto ai venti musicisti
questi terrestri
calzari
intrisi di memorie di giorni.
Sto diventando apprendista
furente, del sole leone.
Tra i bronchi sonori della notte
Precipizi di buio, impenna menti di nebbie
basse.
Uno due, cento due, mille e due …
Un chiù profeta conta il tempo
sul ciglione di un mentastro
verde soffice bottiglia.
Uno due, cento due, mille e due.
Lo conta lo riconta
lo incolonna
col becco.
Poi quando à finito
ritorna d’accapo.
Uno due, cento due, mille e due.
Ora non conta più
non conta più.
A’udito passare il vento
col tuono nella gola.
O’ voglia di dormire all’aperto
Questa notte di pirofilla
mi si è accigliata dentro le tonsille
calda come le guance de l’agosto.
O’ già negli occhi
il bordo viola
del sonno in curva visionaria
che a poco a poco mi sfoca l’oftalmica.
Potrò finalmente dormire all’aperto
tra quell’intrigo
di malve vecchie
con orli a giorno di lucciole e grilli.
Ma prima vorrò cucire
cucire rattoppare
quella fascia sdrucita d’orizzonte
che si altalena sulla mia montagna.
Tra poco verrà la pioggia
Crepuscolo pensatore
pugnalato alle spalle
da una scarica elettrica muscolosa.
L’AVE MARIA
impressionata
à cessato di cullare bambini,
sfocando rapida
fiabe e distanze.
Verrà giù tra poco
la pioggia
col suo ventaglio di perle antiche
a rinfrescare le gote del villaggio
che s’è tirato sopra gli occhi
i prati
paventando la danza dei tuoni.
Gemito
Creasti "L' ACQUAIUOLO"
con pollici nervosi
suggestiva figura apocalittica
coronata
di poveri scugnizzi.
Tremò allora la creta
sognando la madre vallata
sotto gli sguardi delle tue pupille
due soli
tormentati
dal bulino,
e dall'alto sgargiante del Vesuvio
di te Napoli rise orgogliosa .
Poi ti chiudesti ermeticamente
ingegno eccezionale
dentro strani verzieri di demenza.
Assolo d’oboe
Falciatore
stornellatore,
odoroso d’ariste e trifoglio,
il vento à danzato
e bevuto
nella piccola osteria
del paese montanino.
A sera poi si è messo a copiare
facendosi luce
con un’orchidea
pochi cirri evanescenti
sopra un malfermo banco
di grilli.
Grilli periodo trillante
sul quaderno della notte.
Una pettinata prima che annotti
D’innanzi al forno
arruffato di vampe
con la testa che le vacilla
la vecchia fornaia
pettina il fumo
sonnolento sulle ginocchia.
Lo pettina in fretta prima che annotti.
Nuvole rosa già scalano
il monte,
nuvole azzurre
pattugliano i campi.
Dalla ceppaia annosa del tempo
spunterà presto il silenzio.
L’annunzia un corno di luna
rossa luna di mezzo settembre
su un cielo ingenuo
stordito di stelle.
Zufoli sul colle
Al mio Editore
Dott. G. Carabba
Verticale abbaiare d’ombre
tra fattorie di sera
appena nata.
La cupa strada campestre
à già imboccato l’ultimo scolto
lasciandosi dietro le spalle
un bolero di rane.
Profumi a maglia
di genzianelle
e trasognante frescure d’alberi
danzano e s’assopiscono
sopra la scia sonora
d’un barroccio
che è passato trottando
con una lucciola per lume
appesa al ferro della martinicca.
Frazione miope
Frazione miope.
Miope frazione
con due tenere bretelle
su le spalle
di silenzio e d’aratura.
Nemmeno con gli occhiali a stanghetta
sul lastricato
riesce a distinguere quell’organettata
gialla gialla
di calende
e quello steccato di rosolacci
(anatrotti profumati)
che le ruzzolano vicino,
tanto vicino da maltrattare
quella fresca boccata
di trifoglio
verde cupo persiana.
Sera a Tempera
Sera con Angeli a luce molata
Dagli occipiti studiosi,
svampa denso
in quest'ora il tempo,
come incendio di foresta.
Adesso placche
giallo cromo
e zampilli d'ombre rade
entro il giorno,
zufolante pastorello,
sotto i riflessi
d'una prima stella
vellutata
di campane.